VEGETAZIONE SINANTRPICA




Il percorso guidato al giardino botanico



Giovanni  Roffarè,  Giorgio  Zampieri, Mauro  Sonego


 

In  questa   parte  viene  proposto   un  percorso   di  visita del Giardino Botanico Alpino. Sulla mappa alla fine del libro è stato riportato il codice identificativo di ogni ambiente,  che nel testo si trova tra parentesi  ed evidenziato in grassetto.Nel testo vengono citate solo le specie più significative presen- ti nei  vari ambienti;  le denominazioni  delle  altre si possono leggere direttamente sui cartellini in Giardino.

Visione generale del Giardino con, sullo sfondo,  il gruppo del Cavallo.



VEGETAZIONE SINANTROPICA



La vegetazione  sinantropica deve la sua origine all’azione perturbatrice dell’attività umana  che nel corso dei secoli ha assog- gettato l’ambiente naturale alle proprie necessità. Così gli insediamenti  abitativi, le  vie  di  comunicazione,   le  discariche,  i depositi di materiale terroso e di calcinacci, le colture, i campi arati  e  i   luoghi  calpestati  offrono  alle  diverse  specie,  che meglio di altre si adattano  a queste  situazioni, l’ambiente idea- le in cui compiere  il loro ciclo vitale.

Alcune di queste  specie  provengono  dall’Europa orientale  e mediterranea e sono state introdotte dall’uomo fin dal neolitico, con le prime forme di agricoltura (archeofite); altre sono di più recente  diffusione e provengono  dalla colonizzazione di Paesi Extraeuropei (neofite).

All’inizio del nostro percorso, nei pressi della casetta del Giardino Botanico, incontriamo un primo esempio  di vegetazione  condi- zionata dall’attività umana.  Si tratta di cenosi2 dei luoghi  calpe- stati  (1a)  che  in origine erano  presenti  lungo le piste battute dagli animali selvatici e che in seguito si sono diffuse con la civi- lizzazione nei cortili, sui selciati, nei pressi delle abitazioni, ecc. Le specie  caratteristiche che  la compongono, evidenziate  dai cartellini, sono:  la piantaggine  (Plantago  major),  il  poligono centinodia  (Polygonum  aviculare), la fienarola annuale  (Poa annua)  e la camomilla falsa (Matricaria discoidea). Nelle immediate  vicinanze del lato Nord della casetta, trovia- mo  l’aiuola che  rappresenta la vegetazione ruderale (1b) ovvero l’insieme di piante (associazioni vegetali3) che cresco- no alla base  dei muri, ai bordi delle strade, nelle discariche di rifiuti o materiali di riporto. La buona  disponibilità di nutrienti favorisce la crescita di piante  erbacee  di grossa  taglia quali: l’assenzio selvatico (Artemisia vulgaris), il cardo asinino (Cirsium vulgare), la bardana  (Arctium sp.) ecc.



VEGETAZIONE DEI LUOGHI UMIDI





Entriamo ora nella parte del Giardino dedicata  alla vegetazione dei luoghi umidi. Il primo ambiente  che incontriamo rappresenta il prato umido a gramigna liscia (Molinia coerulea)  o “molinieto”(a). Esso si insedia in suoli umidi, più o meno  torbosi, dove la falda acqui- fera è superficiale. Il  diverso grado di imbibizione del terreno conferisce una fisionomia differente che va dall’aspetto tipico, dove il cotico erboso  è più regolare e omogeneo e assume  la forma di un prato, a quello più umido, a volte temporaneamen- te inondato, con cotico discontinuo formato da grossi cespi di molinia alternati ad avvallamenti dove crescono la calta palustre (Caltha  palustris),  la  radicchiella a  pappo   giallastro (Crepis paludosa),  la lisca dei prati (Scirpus sylvaticus), ecc.

Il  molinieto è un buon  esempio  di vegetazione  seminaturale dove l’azione dell’uomo si è limitata, con lo sfalcio, al prelievo di strame  o di fieno di scadente qualità, senza tuttavia modifi- care in modo  sostanziale la composizione  floristica originaria. Laddove gli interventi di drenaggio e sistemazione  sono  stati più radicali, come  nei fondovalle alpini e in Pianura Padana, ai molinieti sono succeduti prati da sfalcio di buona  qualità (Arrenatereti) e coltivi.

A sinistra del molinieto troviamo uno stagno, denominato localmente  “lama”  (b).  Si tratta di uno specchio  d’acqua tipi- camente   circolare originatosi dalla impermeabilizzazione  del fondo di una dolina dovuta alla deposizione  di materiale argil- loso  quale  residuo  della dissoluzione  del  calcare  contenuto nella Scaglia Grigia4. In un ambiente  carsico come  quello del Cansiglio diviene fondamentale la presenza  di questi specchi d’acqua (lame, stagni), in quanto  si tratta degli unici luoghi in cui permane una  riserva d’acqua  anche  in periodi di siccità. Qui possiamo  osservare varie specie  quali la vistosa tifa mag- giore (Typha  latifolia), la lisca lacustre  (Schoenplectus lacustris), la veronica  beccabunga (Veronica  beccabunga)  e  la giunchina d'acqua  (Eleocharis palustris).

La parte laterale dello stagno, divisa da questo  da un ponticel- lo di legno, è dedicata ai Laghi di Revine (c), ambienti di ele- vata valenza  naturalistica. In questi  laghi, in parte  modificati dall’attività umana, sopravvivono delle rare piante lacustri alcu- ne delle quali erano un tempo  presenti sul Lago di S. Croce e in un altro laghetto chiamato lago di Reveane, ora scomparso, situato a Paludi, località del basso  Alpago che  negli anni 30 del ‘900 è stata oggetto di bonifica. Per questo motivo si è scel- to di mantenere per scopi protezionistici e di conservazione  spe- cie  quali la ninfea  bianca  (Nymphaea alba),  la ninfea  gialla (Nuphar luteum) e il morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae). Ritornando sui nostri passi si incontra la torbiera bassa negli aspetti acido e basico.

Alla formazione di questi particolari ambienti concorrono diversi meccanismi  fra i quali assumono fondamentale importanza la bassa temperatura e l’abbondanza d’acqua. L’azione combi- nata di questi fattori, unita ad un aumento dell’acidità, rallenta l’attività dei microrganismi decompositori determinando l’accu- mulo di materiale  vegetale indecomposto, meglio conosciuto con il nome  di torba  che favorisce il progressivo riempimento dello specchio d’acqua.

Nella torbiera i processi di decomposizione della materia orga- nica attraverso i quali le sostanze  nutritive ritornano a disposi- zione  delle  piante  sono  molto  rallentati; ciò è  causa  di una forte carenza di elementi  importanti per la vita vegetale quali l’azoto e il fosforo. Infine anche la scarsa aerazione del substrato costantemente impregnato  d’acqua, e che  perciò pone  gli apparati radicali in condizioni difficili, contribuisce a rendere  la torbiera un ambiente  ostile dove possono  vegetare  solo spe- cie  altamente   specializzate,  ad  esempio   la drosera  a  foglie rotonde  (Drosera rotundifolia), che sopperisce  alla pover di nutrienti catturando  piccoli insetti.

Torbiera bassa acida  (d). Nelle torbiere dove normalmente il substrato  è  acido  vivono specie  quali appunto  la drosera,  i pennacchi  a foglie strette (Eriophorum angustifolium),  la viola palustre (Viola palustris), muschi e sfagni in abbondanza. Torbiera bassa basica  (e).  Dove le rocce sono  calcaree e le Acque  di ruscellamento  ricche di sali di calcio che tamponano l’acidità,   il suolo è neutro  o basico e la vegetazione  che  vi si insedia è costituita per la maggior parte da piante superiori,

quali le ciperacee  come  la

carice di Davall (Carex davalliana), la carice a becco  curvo (Carex lepido- carpa),   o   i    pennacchi   a foglie larghe (Eriophorum latifolium) e da muschi,  in minor misura però  rispetto alla torbiera  acida, mentre mancano   del  tutto  gli sfa- gni  che  sono  indicatori di acidità. L’ultima aiuola che si incon- tra prima di accedere  alla zona   dedicata    alla   geomorfologia  e   ai  fenomeni carsici contiene una collezione di salici (f) che vivono in zone umide  e torbose,  come  il salice odoroso  (Salix pentandra),  il salice azzurrino (S. caesia)  e il salice rosmarinifoglio (S. rosmarinifolia).



ASPETTI GEOMORFOLOGICI

Superata la collezione di salici si aggira la staccionata e si pro- segue verso destra inoltrandosi nell’area dove si possono osservare in maniera  vistosa gli aspetti  geomorfologici tipici degli ambienti  carsici. I  paesaggi carsici si formano grazie alla presenza  di rocce  erodibili e all’abbondanza  di precipitazioni meteoriche.  Il carsismo infatti deriva dalla lenta azione solvente dell’acqua (leggermente acida per la presenza  di anidride carbonica) sulle rocce calcaree. L’estensione, la profondità e il tipo di erosione  derivano  dalla natura  della roccia, dalla sua morfologia e dalla più o meno  marcata presenza  di fessurazioni. In particolare laddove vi sono  formazioni geologiche affioranti, ad esempio  di calcari grigi,  il grado di erosione  aumenta dando   vita  a  fenomeni   carsici particolarmente   evidenti.  Si stima che in generale  nelle Prealpi Venete la dissoluzione chi- mica prodotta  dal carsismo in superficie possa  essere  di circa 1-3  cm di spessore ogni 1000 anni. Poco dopo  l’inghiottitoio sulla destra  del sentiero  vi  è  un  laboratorio all’aperto dove  si stanno facendo degli studi in proposito (vedi cap. 2, Il carsismo). In generale  l’azione carsica si presenta  in varie forme,  dalla grande conca chiusa (“polje”) che costituisce il Cansiglio stes- so, alle più limitate “uvala” come  quelle  di Pian Cansiglio, di Cornesega e di Valmenera, sino alle piccole depressioni  deno- minate  doline  che  si possono  qui osservare  alla sinistra del sentiero che conduce  all’inghiottitoio.

Si giunge infine agli inghiottitoi veri e propri che sono la porta per quel paesaggio carsico sotterraneo  fatto di pozzi, gallerie e cavità che qui in giardino sono esemplificati dal “Bus del Giaz, nome  che deriva dall’utilizzo che ne facevano gli antichi allevatori del Cansiglio i  quali d’inverno lo riempivano di neve  e d’estate lo utilizzavano come  ghiacciaia naturale per la lavora- zione e la conservazione  del burro. Qui si può osservare il calcare di scogliera che costituisce il tipo di roccia prevalente del Cansiglio orientale e del monte  Cavallo. Questo  calcare compatto  e ricco di fossili testimonia  l’attività di organismi marini quali coralli, madrepore e alghe che milioni di anni fa forma- vano una  scogliera del tipo a barriera che separava  a oriente una  piattaforma  sottomarina  poco  profonda  da un  mare  più profondo verso il bellunese.

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