ASPETTI GEOMORFOLOGICI




Gli Aspetti geomorfologici      di Vladimiro Toniello          


L’area geografica in cui vegetano  e da cui provengono  le spe- cie vegetali presenti nel Giardino Botanico Alpino è delimitata:
a Nord dalle valli del Vajont - Val Cimoliana - Val   Cellina;
a Ovest dalla Valle del Fiume Piave, dal canale Rai, dalla Val
Lapisina;
a Sud dal raccordo dell’alta pianura trevigiana con il massic- cio del Cansiglio;
a Est dal raccordo della pianura friulana con il massiccio del
Monte Cavallo.

CENNI DI GEOLOGIA
Da un punto di vista geologico, l’area sopra individuata presenta a Nord una fascia, che si estende in senso Est-Ovest, dove affiorano, lungo la direttrice Vajont - Val Cimoliana - Val Cellina, le rocce del periodo secondario (Giurassico superiore - Cretacico), in gran parte calcari di varia litologia, tutti di origine marina, come  la stragrande maggioranza delle rocce affioranti nell’area in esame.  Spostandosi a Sud, si incontra un’altra fascia di rocce più antiche costituite da dolomie e poi nuovamente lerocce del Giurassico superiore - Cretacico.Segue una estesa  area di calcari del Cretacico supe- riore tipici delle barriere coralline, spesso  ricchi di fossili. Unica  eccezione   ad  Ovest  è  la  conca dellAlpago, che è una grande sinclinale con asse Nord-Est, dove affiorano le tenere  rocce terziarie costituite da marne, molasse ed argille. Spostandosi ancora a Sud, ecco la grande scar- pata,   che   delimita  il   massiccio   Cansiglio- Cavallo fino alla Pala dAltei, la quale raccorda la parte montuosa  dapprima  ad una  ristretta fascia di tenere  rocce  terziarie, che  stanno alla base della suddetta scarpata, e poi alla pianura veneto-friulana.

CENNI DELL’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO
Sappiamo  dalla geologia che  la nostra zona,  dal Trias  alla fine del  Terziario  e per un intervallo di tempo  di quasi 200 milioni di anni, fu occupata dal mare, per cui le rocce delle nostre montagne  sono di origine marina, come  ben  testimoniato dai fossili che vi possiamo  trovare. Verso la fine del Terziario le spinte orogenetiche  provenienti da Sud si fecero sentire progressivamente,  fratturando, piegando  e facendo scorrere enormi blocchi nei modi più vari, in modo  da far emergere dal mare  le rocce  che  furono subito  attaccate  dagli agenti atmosferici, fino a  darne  l’aspetto attuale,  ancora  in lenta evoluzione.
Tali spinte diedero origine a grandi pieghe dirette Est-Ovest, a grandi cunei che scivolarono gli uni sugli altri lungo dei piani (faglie) e a sovrascorrimenti.
Questi fenomeni  sono più intensi nella parte Nord della zona considerata, che si è sollevata di più, e diminuiscono progres- sivamente nella parte Sud dove prevalgono le pieghe. Naturalmente  le acque e i ghiacciai quaternari trovarono la via più facile di scorrimento, erodendo  la roccia e ampliandone  le discontinuità, formando così profonde valli, separate  da creste
e da vertiginose pareti, dando luogo al paesaggio attuale a noi noto. Fanno eccezione  le grandi conche  chiuse di origine tet- tonica (sinclinali) dell’altopiano del Cansiglio e del Pian Cavallo e la g ricordata conca aperta dellAlpago.

GLACIALISMO
Nel quaternario si alternarono periodi più freddi, durante  i quali i ghiacciai avanzavano, a periodi più caldi, durante i quali si ritirava no, abbandonando detriti rocciosi, detti morenici.
Nell’area presa in esame  ebbe notevole impor- tanza  il  ghiacciaio del  Piave, perché  grosso modo aveva un bacino che occupava quello   dell’attuale  Fiume.  Il   ghiacciaio  dalle Dolomiti Orientali scendeva lungo l’attua- le corso del Piave: a Longarone raggiun- geva la quota di circa 1500 m. Da qui un ramo trasfluiva verso Est percorren- do la valle del torrente Vajont, poi supe- rava  l’attuale  passo   di  S.  Osvaldo, Pinedo e proseguiva lungo il corso del torrente Cellina fino a Barcis e Andreis; poi le sue tracce, cioè le tipiche forme di erosione  glaciale e depositi glaciali, si perdono. Da Longarone la massa  glaciale continuava il suo lento cam- mino lungo la valle del Piave, erodendo  le sponde  e dando alla valle la tipica sezione  ad “U” fino a Ponte  nelle Alpi; qui gran parte della massa glaciale proseguiva lungo la Val Belluna. Un ramo  minore,  superato  il  passo  del  Fadalto,  proseguiva lungo la Valle Lapisina e poi, superata  la stretta di Serravalle (Vittorio Veneto), arrivava alla pianura espandendosi e dando origine a quel  complesso  di basse  colline, parallele tra loro, costituite di materiale morenico che dal punto di vista geogra- fico va sotto il nome di “anfiteatro morenico di Vittorio Veneto. Interessante  la situazione nellAlpago: qui il ghiacciaio raggiun- geva i  1200 m  circa e  si espandeva   nella omonima  conca, dove riceveva anche il tributo di piccoli ghiacciai locali che scen- devano  dalla catena  del Cavallo - Col Nudo - Muri - Messer. Inoltre lambiva il  margine  Nord  dell’altopiano del  Cansiglio, dove una piccolissima lingua percorreva la valle di Campon, poi Pian Osteria e scendeva  verso la Valmenera.
A   causa   della  quota   relativamente   bassa,   lAltopiano  del Cansiglio non fu occupato  dai ghiacciai, al massimo  si forma- rono dei nevai nelle conche e su versanti esposti a Nord. Tuttavia, depositi di ghiacciai locali ben  conservati si possono osservare  agli sbocchi  della Val  Salatis, Val  Caltea e  Val  de Piera, come  pure i cordoni che orlano il margine occidentale del Pian Cavallo.
Da segnalare  anche  depositi eolici, cioè dovuti al trasporto di materiale fine causato dal vento, di Loess, un limo bruno-gial- lastro dello spessore  da 0,5 m ad 1,5 m, non stratificato, for- matosi in un clima di steppa  fredda, rinvenuto in Pian Cavallo,

Giardino Botanico Alpino. Tale sedimento è molto importante   non  solo  perché testimone  di antiche vicissitudini clima- tiche, ma perché  al suo interno sono state   trovate   industrie   litiche  con migliaia di manufatti  di selce  risalenti   all’Epigravettiano evoluto Epipaleolitico che  sono  le prime testimonianze   della  frequentazione dell’uomo in Cansiglio e in Pian Cavallo.

CARSISMO
Gli antichi sedimenti marini, dopo  essere   stati  trasformati nel corso di milioni di anni in dure rocce
calcaree, dolomitiche e più tenere rocce marnose terziarie, sono stati spinti alle quote  attuali e fratturati dalle forze orogenetiche provenienti da  Sud, come  già detto,  a causa  del movimento della zolla africana contro quella europea  asiatica.
L’acqua delle precipitazioni meteoriche, diventata leggermente acida per l’arricchimento in anidride carbonica contenuta  nel- l’aria, ha la capacità di sciogliere il calcare e, penetrando attraverso le fratture, lungo gli strati e la porosità della roccia, origine a forme caratteristiche. Tale  fenomeno  è  meno   evidente   o  pressoché assente  su gran parte dell’area in oggetto, sia per- ché la litologia non era favorevole (rocce terziarie e dolomie poco corrodibili) o perché l’inclinazio- ne dei versanti in calcare non permetteva  all’ac- qua di svolgere la sua azione corrosiva. Dove  emergono   i  calcari e  le forme  sono pianeggianti o meglio ancora a conca, ad esempio   nell’altopiano  del  Cansiglio e  in Pian Cavallo, l’azione di scioglimento del cal- care è stata ed è notevole  per cui ne deriva un approfondimento di tali conche. I   carsologi  parlano  del  Polje del  Cansiglio, intendendo con  questo  termine  una  grande conca chiusa, dove la superficie del terreno  ben  corrisponde alla inclinazione degli strati che è stata ulteriormente approfon- dita dal fenomeno carsico.
All’interno della conca si possono  distinguere altre depressioni più  piccole  dette  “uvala,  quali il  Pian Cansiglio, Valmenera, Cornesega, ben visibili ad Est, Ovest e a Sud-Ovest del Giardino; all’interno di queste  ultime, ulteriori numerosissime  piccole con- che dette “doline. Tali depressioni minori si trovano soprattutto dove  si sono  incrociate  fratture  delle  rocce,  costituendo  un punto di assorbimento  maggiore delle precipitazioni e quindi di maggior scioglimento della roccia.
Le doline sono  più numerose e di maggiori dimensioni nelle zone  pianeggianti e dove  affiorano i calcari, rare e più piccole sui pianori dove affiora la scaglia e sui versanti calcarei, pres- soché  assenti sui versanti in scaglia.Il    fenomeno  dell’inver- sione termica, per cui l’a- ria  fredda   più  pesante ristagna  sul  fondo  delle depressioni e delle cavità, favorisce il  carsismo,  che viene  ulteriormente  accen- tuato dalle nebbie  mattutine
e  serotine,  presenti  quando non  spira il  vento  e  foriere di bel
tempo. Molto spesso  le fratture della roccia,  soprattutto   nei   calcari, sono così ampliate dalla corrosione da formare dei grossi bloc- chi rocciosi isolati tra loro, soprattutto  nelle zone  più elevate, nelle parti sommitali delle ondulazioni e sui bordi delle doline, dando origine alla tipica morfologia detta “carso a blocchi. Un esempio  didattico di tali forme lo abbiamo  proprio sulla zona Sud all’interno e all’esterno del Giardino.
Su gran parte delle superfici calcaree si possono  inoltre osser- vare delle piccole forme di corrosione quali scannellature, fori, solchi,  cavità  d’interstrato, vaschette,  spesso   mascherate  e coperte dalla vegetazione come muschi, licheni ed alghe  endolitiche (cioè che hanno  la capacità di sciogliere il calcare 
con i loro acidi umici). Da sottolineare che tutte le forme car- siche  sopra  citate sono  di tipo “coperto, cioè sia il  carso a blocchi che le piccole forme di corrosione hanno  tutte gli spi- goli ben  arrotondati  perché  sono  letteralmente   coperte  da muschi, licheni e alghe che danno  proprio questa  particolare tipo di morfologia. In quota, ove la vegetazione in gran parte è assente,  notiamo  che  le forme  sopra  accennate  presentano tutte spigoli vivi e quasi taglienti.
Naturalmente  l’acqua, quando  è penetrata  nelle fratture e sul fondo  delle  doline, prosegue  verso  il  basso  dando  luogo a pozzi  e  a  cavità  sotterranee,   a  sistemi  carsici di  notevole profondità e lunghezza che molto assomigliano ai sistemi flu- viali di superficie.
In Cansiglio sono  state  catastate,  cioè localizzate geografica- mente  e rilevate su cartografia, oltre 200  cavità sotterranee,  in gran parte  verticali; il  loro sviluppo può  essere  notevole:  la cavità più importante è il Bus de la Genziana che ha quasi 600 m di profondità, circa 4 km di sviluppo ed è ancora in esplo- razione.
All’interno del Giardino, vicino al suo limite Sud-Est, vi è un pic- colo esempio  di pozzo carsico che è stato inserito nel catasto delle grotte come  “Inghiottitoio del Giardino Botanico Alpino,
che in realtà è costituito da più pozzetti  verticali che  si sono fusi tra loro.
Da un  punto  di vista geo- morfologico  esso   è  un “pozzo a  neve”  perché questa   vi   rimane   per quasi        tutto    l’anno, creando  un  clima assai caratteristico.
È   notevole    nel    suddetto pozzo   l'inversione  termica,  con temperature per  gran  parte  dell'anno  attorno
agli 0°C nel  punto  più profondo  che,  unita  alla progressiva diminuzione di luce, condiziona la vegetazione. Infatti lungo le pareti del pozzo si possono  osservare vari piani vegetazionali, fino alla pressoché   totale  scomparsa  della  vegetazione  nel fondo.
Vicinissimo a questo,  c’è un  piccolo inghiottitoio recintato  e tappato  dal detrito che ci fa capire come  il carsismo continui la sua azione lenta ma inarrestabile, creando numerosi punti di assorbimento  e cavità sotterranee; possiamo supporre che nella zona centrale del giardino tali punti siano stati tappati dalla gran- de  massa  di detriti e  dal materiale  argilloso scivolato lungo il pendio dei versanti. Tuttavia la tendenza  odierna è la progressi- va e lenta sparizione nelle profondità dei suddetti detriti, soprat- tutto nelle aree dove le rocce sono più fratturate. Qualche non raro e piccolo sprofondamento di materiale detritico, che lascia scoperti i sottostanti sedimenti, ne è una testimonianza.
Da segnalare anche, appena  fuori del recinto, una cavità dalla quale esce aria fredda (circa 6°C, che corrisponde alla tempe- ratura media annuale della conca del Cansiglio) per tutto l'an- no, utilizzata come frigorifero naturale durante  l’estate.
“Boral del Giaz” è infatti  il nome della località in Cansiglio in cui si trova il Giardino Botanico Alpino, grazie a questa  peculiarità. Inoltre c’è la possibilità di osservare, procedendo verso Est dal recinto del Giardino, la grande uvala di Valmenera e quella di Cornesega con altre forme carsiche assai caratteristiche e tutto attorno  i   bordi  rialzati dell’altopiano, trovandosi  il   Giardino pressoché  nella sua parte centrale.


CENNI DI GEOMORFOLOGIA ALLINTERNO DELLAREA DEL GIARDINO         di Vladimiro Toniello 

Il Giardino ha al suo interno emergenze geologiche, tettoniche e geomorfologiche che ne esaltano  la valenza naturalistica in senso  lato, ben osservabili mentre  si cammina lungo il sentie- ro di visita:
  • - proprio nel giardino botanico alpino passa  un limite litologi- co tra il "calcare di scogliera, che affiora nella zona Sud nella parte più bassa, e la soprastante  “scaglia grigia, calcare mar- noso grigiastro con lenti e noduli di selce nerastra, in quella più elevata a Nord;
  • - l'alterazione dei due  tipi di roccia produce  del detrito molto caratteristico e  ben  distinguibile: il  primo, assai  carsificabile, produce  un terreno rossastro argilloso; il secondo,  meno  car- sificabile, un terreno  più bruno, ricco di frammenti di selce e dei suoi residui insolubili;
  • - il fenomeno carsico, cioè la dissoluzione del calcare da parte dell’acqua, accentuata  dal clima, dagli acidi umici della vegeta- zione e dalla purezza del calcare stesso, ha modellato le rocce in forme molto caratteristiche.

Nel Giardino Botanico Alpino esiste anche un laboratorio all’a- perto il cui scopo è quello di misurare la dissoluzione chimica (detta   anche   impropriamente   corrosione)  e dell’erosione nelle rocce carsifi- cabili e non carsificabili. Tale  laboratorio  è  stato  realizzato, assieme  a Veneto Agricoltura, dal Gruppo Speleologico del CAI di Vittorio Veneto, e i dati vengono scambiati con altri due  laboratori analoghi che si trovano rispettiva- mente   a  Borgo  Grotta Gigante nel Carso triestino  e  a  Pradis, presso  le omonime  grotte. I   meccanismi  dell’erosione chimica sono  ben  conosciuti da molto tempo;  tuttavia poco si sa ull’effettivo abbassamento della superficie rocciosa. Fino a qualche  decennio  fa si calco- lava il suddetto  dato con metodi indiretti, basandosi sulle ana- lisi della durezza delle acque  sorgive e dei pozzi, o altri meto- di non sempre  precisi.
Ora  è  possibile  calcolare  l’effettivo abbassamento  di  una superficie rocciosa con il “metodo del micrometro, che consi- ste nel misurare direttamente  l’abbassamento  di una superfi- cie  rocciosa, in campagna,  con  un  micrometro  millesimale opportunamente modificato. Per fare questo  sulla roccia ven- gono fissati e cementati  tre chiodi di acciaio inox posti ai ver- tici di un  triangolo equilatero  di 10  cm  di lato; due  chiodi hanno  la testa  semisferica, uno piatta per impedire eventuali allungamenti  dovuti alle variazioni di temperatura;  tutti sono stati lucidati onde  avere una migliore precisione.
Il micrometro millesimale viene posto sopra ai chiodi della stazio- ne, esattamente sempre  lo stesso punto di lettura sulla roccia.
Il metodo  consiste nel leggere i valori  con intervalli di un anno. La differenza tra il valore letto e quello dell’anno precedente, darà  l’abbassamento  annuale  cioè  lo spessore  dell’ipotetico strato di roccia disciolto.
Per avere dei dati con una certa sicurezza e precisione, biso- gna fare delle osservazioni di durata almeno quinquennale.  La stazione del giardino è in funzione da soli tre anni per cui è necessario  attendere  il  2007 per  disporre  di dati scientifica- mente  validi.
Tuttavia, da  altre stazioni simili (Monte  Cavallo, Altopiano di Sennes, Altopiano dei 7 comuni, Carso triestino, Pradis) e dal- l’analisi dei dati parziali g memorizzati, si registrano abbassa- menti annuali da 1 a 3 centesimi di millimetro, a secondo  dei litotipi, delle precipitazioni e della quota, equivalenti a circa 30 t di roccia sciolta per km2   ogni anno. Tale metodo  ci da indica- zioni  sulla  evoluzione  temporale   soprattutto   delle  piccole forme di corrosione e ci permette  anche,  con opportuni cor- rettivi, di datare in qualche  modo  le frane preistoriche, misu- rando con questo  metodo  l‘evoluzione delle piccole forme di corrosione sui massi calcarei franati. Inoltre a Pradis e nel Bus della Genziana con la stessa tecnica è possibile misurare l’ap- profondimento  delle forre percorse da acqua, sia esterne  che in grotta.

Nessun commento:

Posta un commento