AMBIENTI UMIDI - LA TORBIERA



GLI AMBIENTI  UMIDI

Nell’altopiano del Cansiglio le zone umide sono ambienti poco diffusi a causa  dei marcati fenomeni  carsici che  ne  rendono difficile l’esistenza. Le acque  meteoriche non  rimangono  in superficie in torrenti o ruscelli, ma vengono assorbite dalle fessurazioni e dalle cavità presenti nella roccia calcarea, penetra- no in profondità e danno origine ad una rete idrica sotterranea. Le doline, strutture a forma di catino che a volte terminano  in un inghiottitoio, sono  appunto  le impronte  esterne  di questo fenomeno.
Le zone  umide  possono   avere  origine, aspetto  ed  ecologia diversi. Le lame sono specchi d’acqua circolari e poco profondi, simili a piccoli stagni, che presero  origine dalla impermeabilizzazione del fondo di una  dolina. In alcuni casi si tratta di effimeri ristagni temporanei,  dovuti ad un periodo di precipita- zioni abbondanti.  Di tipo diverso sono invece le torbiere, in cui l’acqua non compare  manifestamente ma il terreno ne è intriso. Hanno l’aspetto di particolari prati umidi e possono  derivare o dalla naturale  evoluzione  delle lame, per aumento  della flora di muschi che progressivamente arriva a riempire l’intera depressione (come   dimostrato  dal “Lamaraz” che  è  in una fase intermedia,  non  più lama ma non  ancora  vera torbiera), oppure  da antichi laghetti post-glaciali, come  quello che occupava un ramo laterale del ghiacciaio del Piave e che diede origine al Palughetto. Ancor oggi le acque  che vengono  raccolte in queste  aree, anche  se hanno  perduto  molti degli usi originari, vengono  utilizzate per  l’abbeveraggio del  bestiame   e degli animali selvatici, come  testimoniato  dalle orme  lasciate nella fascia marginale alle pozze.
Un altro tipo di ambiente  umido è costituito dal prato palustre a Molinia coerulea (L.) Moench, detto molinieto che si forma dove la falda acquifera diventa superficiale. Il terreno è ricco di sostanza  organica e in vario grado intriso d’acqua: dove l’umi- dità è maggiore le specie dominanti sono la molinia, che il nome  a questo  tipo di prateria, i giunchi (Juncus effusus  L.), la Caltha palustris L., piante poco appetite  dal bestiame,  che talvolta venivano  utilizzate come  strame  per  gli animali. Dove invece il livello  della falda si abbassa,   le condizioni del terreno sono  migliori e i  prati che  vi crescono  risultano di buona qualità. I molinieti dovevano rappresentare, in passato, la vegetazione tipica del “fondo” dellAlpago, e in particolar modo  in località Paludi. Le opere di bonifica degli anni trenta e, in generale, i  lavori di miglioramento  fondiario, hanno  ridotto attualmente  i popolamenti  a molinia a pochi lembi di territorio.
Gli ambienti  umidi sono  di fondamentale importanza  perché ospitano  specie  rare e  in via di scomparsa,  non  soltanto  in questa  zona, ma in tutto il territorio italiano. Da un confronto fra un  censimento dettagliato  delle  zone  umide  risalente  al
1980 e uno più recente, svolto nel 1998,  si evince come que- sti biotopi si siano sensibilmente modificati. Alcuni sono scomparsi, per  cause  naturali o per  l’intervento dell’uomo, altri si sono aggiunti di recente, ancora per cause naturali o creati artificialmente, altri si presentano ridotti nella profondità o nell’e- stensione,  probabilmente per effetto di cambiamenti  climatici. Alla luce della vulnerabilità di questo  tipo di ambienti e sopra- tutto  per  quel  che  riguarda il  Cansiglio, appare  chiaro come qualsiasi fattore che comporti anche  la solo parziale  bonifica o il loro prosciugamento determini una grave perdita.
Per tale motivo tutti i biotopi umidi del Cansiglio sono  considerati  “habitat prioritari di interesse  comunitario” in Europa, cioè di primaria importanza nell’ottica della conservazione.



LA TORBIERA

Le torbiere sono zone umide in cui il terreno, saturo d’acqua, assume un caratteristico colore nerastro e viene ricoperto da cuscinetti di sfagni e muschi, accompagnati da specie specializzate con adattamenti particolari.
In Cansiglio troviamo la torbiera di Palughetto, il “Lamaraz” e una piccola ed interessante torbiera situata nella zona adiacente al Museo Ecologico “G. Zanardo”, ai bordi del sentiero che porta al Giardino Botanico.

Le torbiere prendono origine da un naturale   e progressivo processo  di riempimento  di antichi laghetti o “lame ad  opera  della vegetazione  acquatica  che  ha  continuato a svilupparsi fino a coprire completamente gli specchi d’acqua. Le parti morte  e indecomposte delle piante, continuando   a  depositarsi  sul  fondo,  hanno   dato  origine  ai depositi di torba.
La  forte  carenza  di  ossigeno   che   si  viene  a  creare  in ambiente   acquatico  e  le  basse  temperature  sono  causa dell’accumulo  di  detrito  vegetale:   in  queste   condizioni infatti l’attività dei microrganismi decompositori  del terreno che  degradano  completamente la sostanza  organica  presente  nelle parti morte  delle piante  rendendola disponibile per un successivo  e ciclico utilizzo da parte dei vegetali subisce un forte rallentamento.  I processi di mineralizzazione non vengono  completati e la sostanza  organica rimane sequestrata nei tessuti vegetali e non può essere  riutilizzata. Si viene a creare così un ambiente  particolare, asfittico, acido, povero di nutrienti e con un contenuto  di acqua  nel terreno  costantemente  elevato.  In simili condizioni  compaiono  forme di vita con adattamenti  particolari, specializzate  per  la  sopravvivenza  in  questo tipo di  habitat  e  spesso   esclusive  di  esso. Spiccano  per  la  loro  originalità le  piante insettivore, che  sopperiscono alla carenza   nel   terreno    di   composti    azotati mediante  la cattura di insetti. Rappresentanti  di questa  categoria sono le drosere  (Drosera rotundifolia L.), piccole   piantine   con   foglie  curiose,   a forma di cucchiaio e coperte  di vistosi peli ghiandolari rossi che portano  all’a- pice  una  minuscola  goccia  di liquido vischioso.  Gli  insetti  che   si  posano sulla lamina fogliare vengono  catturati e  trattenuti dai peli tentacolari e  successivamente digeriti.
In queste  condizioni severe  riescono a  sopravvivere anche  i  carici (Carex stellulata Good., Carex lasiocarpa Ehrh., Carex fusca All.), che  formano cespi   di   foglie  sottili,  accanto   agli eriofori (Eriophorum angustifolium Hon.   ed   Eriophorum   vaginatum    L.) che   devono   il   loro  nome   generico  - Eriophorum  in latino significa portatore di peli - ai caratteristici pennacchi  candidi che  compaiono  all’epoca della fruttificazione.

Nessun commento:

Posta un commento